In Italia la dittatura fondò anche Cinecittà, grandioso colosso per la produzione cinematografica, con numerosi teatri di posa, ancora oggi funzionante, in cui videro la luce per primi i più importanti colossal storici del cinema, che non a caso venivano incoraggiati dal regime per infondere quel senso grandioso e di impero di cui era intrisa la storia di un tempo.
Durante la guerra, dopo il 1943, gli studi di Cinecittà vennero occupati dai nazisti per sistemare temporaneamente gli sfollati dei rastrellamenti nel ghetto di Roma, prima di essere condotti nei campi di sterminio in Germania.
Alla liberazione di Roma, i tedeschi in ritirata fecero razzia di macchinari a Cinecittà e i civili per scaldarsi dal freddo bruciarono numerosi documenti dell'archivio che andarono, dunque, persi.
In linea di massima in Italia non venne esercitata una grande censura sui film di finzione, ma è pur vero che fu un periodo sostanzialmente privo di sperimentazione stilistica.
Alla liberazione di Roma, i tedeschi in ritirata fecero razzia di macchinari a Cinecittà e i civili per scaldarsi dal freddo bruciarono numerosi documenti dell'archivio che andarono, dunque, persi.
In linea di massima in Italia non venne esercitata una grande censura sui film di finzione, ma è pur vero che fu un periodo sostanzialmente privo di sperimentazione stilistica.
Mussolini durante le riprese di Scipione l'Africano (1937) |
Come non ricordare, poi, la chiusura ancora più radicale della Germania. Era lo stato a decidere chi potesse fare i film, sia tra i registi che gli attori, che dovevano incarnare alla perfezione gli ideali ariani. E anche gli argomenti dovevano, dunque, contenere temi utili alla propaganda. Numerosi furono gli artisti che emigrarono in quegli anni a causa delle persecuzioni.
In Russia vennero realizzati, sulla scorta del pensiero italiano, grandi film sulle imprese dei zar, celebre l' Aleksandr Nevskij di Ejzenstejn.
In Germania la storia del passato lasciò il posto ai grandi documentari sul presente del regime nazista di Hitler come Il trionfo della volontà (Riefensthal) a cui Capra negli Stati Uniti rispose con il suo Why we fight, che definì un "dovere personale" contro il film della Riefensthal che giudicò terrificante.
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