Si discute molto in questi giorni del nuovo film , al momento campione d’incassi, di Christopher Nolan. E’ un film che divide, lascia perplessi e probabilmente non del tutto soddisfatti.
Un uomo che lavora per la CIA, non è chiaro sotto quale
profilo, si ritrova invischiato in un’operazione in Ucraina al Teatro dell’Opera,
in cui è in corso un attentato terroristico.
Testato il suo coraggio e lealtà nel rischiare la vita in difesa del prossimo,
gli viene presentata una nuova missione estremamente complicata: scongiurare la terza guerra mondiale. E’ qui che
inizia il viaggio di Nolan e del suo protagonista (John David Washington) in una realtà continuamente
contaminata e cambiata dal futuro, ci si muove in spazi temporali diversi, i
proiettili sono invertiti, rientrano cioè nelle pistole che nell’altro tempo
gli hanno sparati, anziché uscire, gli interventi sul futuro cambiano il presente. Tutto questo mette in pericolo l’intera
umanità, al protagonista il compito di salvarla. All’interno di questo quadro
thriller, non c’è tempo per i sentimentalismi, tranne per quelli di una donna
verso il figlioletto, che cerca di non perdere a causa del marito dispotico e
cattivo che conosce la realtà dell’inversione e ha in mano la chiave che può portare alla fine
di tutto.
La spy-story si trasforma ben presto in un film di guerra,
di notevole prestazione. Inizia una lotta per recuperare l’algoritmo che può
distruggere l’uomo, la tensione è sul filo del rasoio in un continuo cambio di
piani temporali che sono l’uno la spiegazione dell’altro.
Un racconto intrecciato sviscerato in due ore e mezzo di film, che resta
comunque inafferrabile per lo più. Nolan torna a raccontare alla maniera di Inception e di Interstellar soffermandosi su questa idiosincrasia tra passato e
futuro e sul fatto che il lavoro su quest’ultimo può cambiare le carte in
tavola. A differenza dei precedenti citati, però, il protagonista non è del tutto
consapevole di cosa sta esperendo quasi fino alla fine del film, del resto la
comprensione del meccanismo che è alla base del film è difficile anche allo
spettatore, che in genere, si sa, preferisce afferrare il concetto.
Robert Pattinson e John David Washington in Tenet |
Nel complesso il film è visivamente molto valido,
sicuramente la visione in Imax per il cui formato è stato girato, rende ancora
di più.
Le musiche di Ludwig Goransson sono una delle cose più riuscite del film
assolutamente didascaliche, precise, incalzanti.
Tuttavia ci sono molte cose che restano sospese, a partire dallo stesso titolo,
la cui preminenza è stata sottolineata anche nel trailer, eppure cosa resta di questa
parola latina?E’ solo una chiave perché i partecipanti si riconoscano tra loro.
È una parola palindroma, ancora una volta a sottolineare il concetto dell’inversione. Al sarcasmo del personaggio di Robert Pattinson il compito di alleggerire in più punti il clima.
È un film che registicamente non si discute, ma qualcosa sfugge, è pericolosamente
evanescente, confuso al di là della complessità del tema trattato.