martedì 20 ottobre 2020

A CASA TUTTI BENE di Gabriele Muccino RECENSIONE



Con A casa tutti bene, Muccino torna a raccontare la famiglia in tutte le sue contraddizioni e lo fa servendosi di attori straordinari, primi fra tutti Ivano Marescotti e Stefania Sandrelli.
Alba e Pietro festeggiano 50 anni di matrimonio e lo fanno su un'isola su cui posseggono una grande villa, in compagnia di figli, nipoti e i familiari più intimi. A causa del maltempo, però, dopo il pranzo, nessuno di loro può lasciare l'isola  per tornare alla propria vita, così ha inizio una convivenza forzata in cui ben presto verranno fuori tutte le contraddizioni di una  grande famiglia apparentemente perfetta. 


Pierfrancesco Favino, Sandra Milo, Carolina Crescentini
e Claudia Gerini

Muccino riesce perfettamente nell'intento di raccontare una famiglia piccolo borghese come pochi registi italiani ancora sanno fare. Il mondo d'altronde è il suo, da cui difficilmente si discosta nell'ambientare le sue storie e che rende il suo stile, pertanto, riconoscibile. Nel raccontare le storie dei figli di Alba e Pietro così diversi tra loro e così tormentati Muccino racconta anche uno spaccato generazionale, la donna quarantenne, Sara (Sabrina Impacciatore), che riesce ad aggrapparsi solo alle apparenze e per questo finge di non vedere i tradimenti del marito, Carlo (Pierfrancesco Favino) al suo secondo matrimonio difficile che vive nell'incubo di non essere un buon padre per la figlia nata dalla precedente unione e infine l'eterno ragazzino Paolo (Stefano Accorsi) che ha paura di crescere e continua a fare il nomade in giro per il mondo a scrivere libri, una condizione in cui sono molti uomini moderni e che Muccino rende perfettamente in questa estrema difficoltà di Paolo a "scendere dalla giostra". A lui e alla cugina Isabella (Elena Cucci) sono affidate le battute sospirate (forse pure troppo) tipiche dello stile mucciniano. 



Stefano Accorsi e Elena Cucci

Interessantissimi i personaggi e la storia di Claudia Gerini e Massimo Ghini, che affrontano con estrema delicatezza e drammaticità il tema dell'Alzheimer all'interno di un rapporto di coppia che aveva ancora tempo per fiorire.
A portare veracità in questo ambiente fatto in buona sostanza da gente agiata che, dunque, conosce solo i tormenti dell'amore, ci pensano Giammarco Tognazzi (Riccardo) e Giulia Michelini (Luana), coppia romana che aspetta un figlio e spera di trarre da quella giornata e dalla famiglia un aiuto economico.  Forse gli unici a sperimentare in quel momento un sentimento vero, a coltivare il seme della speranza assieme a questo figlio che cresce in grembo.



Giammarco Tognazzi e Giulia Michelini 

Il film si sviluppa in un crescendo di situazioni e drammi assieme al crescere della tempesta che li costringe sull'isola. Bellissimo parallelismo tra i tormenti dell'anima e quelli del clima che trasportano i protagonisti in quello che diventa un non luogo e anche il tempo sembra diradarsi mentre le ore vengono scandite dai drammi familiari e dalla verità che prova a sgorgare prepotentemente fuori. 


La tempesta dà loro la possibilità di posarsi finalmente sulle loro vite frenetiche, non possono abbassare lo sguardo e questa breve vacanza probabilmente cambierà le loro vite per sempre. 
Le musiche sublimi di Nicola Piovani accompagnano i personaggi e ne conferiscono quasi solennità, notevole anche la scelta del tema principale, Bella senz'anima di Cocciante, canzone che è un inno a tirar fuori la verità e mostrarsi per quello che si è.
Un film molto bello, in cui si ha sempre l'impressione che la "bomba" più grossa debba ancora scoppiare e produce un piacevole senso di spaesamento che si appiana solo alla fine.  A casa tutti bene è quello che in fondo diciamo tutti noi perchè i panni sporchi si lavano in famiglia e nel 99% dei casi è un velo che mettiamo davanti alla realtà che in fondo non è poi così bella.  

venerdì 16 ottobre 2020

GLI ANNI PIU' BELLI di Gabriele Muccino RECENSIONE

 

L' ultima fatica di Gabriele Muccino, ha risentito purtroppo della situazione della pandemia e il conseguente lockdown. Dopo le prime settimane al cinema, ha dovuto affrontare la chiusura delle sale, poi è stato distribuito online e all'apertura è ritornato in sala per breve tempo, per uscire definitivamente sulle piattaforme. 
La storia che racconta Muccino abbraccia più di un trentennio. Tre giovani ragazzi, Paolo, Giulio e Riccardo (rispettivamente Kim Rossi Stuart, Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria) incontrano la bella Gemma (Micaela Ramazzotti) che fa girare la testa a tutti, in particolare a Paolo con cui Gemma intraprende una relazione che è costretta a chiudere bruscamente perchè deve trasferirsi a Napoli con la zia, unica parente che le è rimasta.
Tutti e quattro si ritrovano poi da adulti e incroceranno di nuovo le loro vite con risvolti inaspettati. 


Come sempre Muccino è bravissimo a raccontare una generazione, che poi è anche la sua, in un arco temporale molto vasto. Il ritratto di questi giovani, prima, e di questi adulti, poi, ancora immaturi dopo tutto, è preciso e puntuale. 
E lo sfondo storico in cui vivono le loro vite, prima giovani e poi adulte, è reso alla perfezione: le proteste giovanili, la caduta del muro di Berlino, l'ascesa di Berlusconi, il crollo delle torri gemelle. Il tutto dominato dalle passioni, com'è nello stile di Muccino, l'amore travolgente, salvifico solo alla fine, dopo che ha divorato pelle e ossa con la sua furia, le sue corse sregolate, in balia della passione.


Il giù la maschera finale, specialmente di Giulio, è un giusto epilogo di una storia tormentata fino alla fine. Favino qui è alle prese con un personaggio molto meno responsabile di quelli che Muccino gli ha fatto interpretare in precedenza (L'ultimo bacio-Baciami ancora-A casa tutti bene) ed è come sempre credibile, ma è l'unico ad avere alla fine l'epifania più completa, il risveglio dal torpore in cui una vita tanto agognata e ottenuta non senza compromessi, lo aveva condotto.
Le musiche di Nicola Piovani sono assolutamente perfette e in questo caso non si può certo parlare di abuso delle stesse da parte del regista al montaggio. 
Il personaggio di Gemma cade un po' nel solito cliché della donna "facile" dominata solo dalla passione che francamente ci ha stancato. Una menzione merita Alma Noce, Gemma da giovane, che oltre a una grande somiglianza fisica con la Ramazzotti presenta anche una grande somiglianza nei gesti, nell'uso del volto e delle espressioni vocali. 
Molto ben scritti, dal regista e dallo sceneggiatore Paolo Costella, i personaggi maschili nei loro tormenti che hanno radici profonde, antiche che intuiamo nel passato e ritroviamo nei gesti del presente.



Giulio, Gemma,Riccardo,Paolo da giovani

Ampiamente menzionata Emma Marrone, che interpreta la moglie di Riccardo, credibile nelle espressioni, poco nella voce, in un forzato romanesco che in ogni caso non è il suo dialetto natale e non essendo un'attrice non poteva di certo interpretarlo, ma piuttosto imitarlo, come ha fatto.
Francamente da capire la presenza della brava cantante, mi viene da pensare a tutti gli attori che hanno studiato, magari sconosciuti, che avrebbero ottenuto, forse, un risultato più calzante. Attenzione, viva la multidisciplinarietà e l'essere versatili, ma ci vuole molto studio per raggiungerla (vedi J-Lo o la nostrana Paola Cortellesi), la scelta del regista (a cui appello l'unica responsabilità) è stata forse affrettata o istintiva.


Nel complesso un film riuscito, meno del precedente a mio avviso, ma potrebbe essere un giudizio legato alla generazione a cui appartengo e che dunque non fa suscitare in me quel sentimento nostalgico che, a onor del vero,  ha stregato in molti.   

martedì 13 ottobre 2020

GLI ULTIMI SARANNO GLI ULTIMI di Massimiliano Bruno

 


Un film potente e drammaticamente sempre attuale quello che ha presentato nel 2015 Massimiliano Bruno. 

É la storia di Luciana, donna della provincia di Roma che lavora in una fabbrica e che ha un grande desiderio, diventare madre, assieme al marito Stefano, un uomo immaturo, che crede di avere sempre l'idea del secolo per sbarcare il lunario e che odia tassativamente lavorare come manovale al cantiere, anche quando questo diventa necessario per andare avanti. 
Un giorno Luciana scopre di aspettare finalmente il figlio tanto desiderato e per questo il suo contratto non viene rinnovato e perde il lavoro. Inizia così un calvario di disperazione, in cui Luciana è costretta a sobbarcarsi il peso della famiglia sulle spalle, il tutto sempre sull'orlo di una crisi di nervi che, però, non deve venir fuori davanti agli amici, per sentirsi tutti uguali, tutti sullo stesso piano.



Paola Cortellesi e Alessandro Gassmann

Contemporaneamente a quella di Luciana, scorre la storia di un poliziotto, Antonio (Fabrizio Bentivoglio), che è stato mandato dal nord ad Anguillara per punizione e, subendo le vessazioni dei suoi colleghi, farà i conti con se stesso e la sua colpa. Le due linee finiscono inevitabilmente per incontrarsi alla fine del racconto.



Fabrizio Bentivoglio è Antonio

Non bisogna lasciarsi ingannare dalla materia trattata, il film, infatti, risulta molto leggero, pieno di quella comicità romana che deriva per lo più da un accento o da un'espressione del viso. Sublime Paola Cortellesi nei panni di Luciana, esprime perfettamente le diverse emozioni che attraversano la protagonista; è felice per il bambino, è stressata per il lavoro, ha paura per il futuro. Spalleggiata alla grande da Alessandro Gassmann (Stefano), preciso come sempre nella caratterizzazione dei suoi personaggi. Nel complesso l'intero cast lascia il segno, tutti molto coerenti e naturali con i loro alter ego, frutto di una regia che li mette a loro agio, li lascia liberi di esprimersi e ne cattura ogni gesto. Una menzione particolare merita il sempre bravo Stefano Fresi.


É un film intimo e allegro che lascia, però, con una grandissima sensazione di amaro in bocca, di impotenza, quasi di resa. Il gesto finale di Luciana (che non vogliamo, ovviamente, spoilerare)  è condannabile, ma comprensibile, assume contorni di tenerezza e disperazione palpabile. La storia corre sempre su un filo in bilico tra la commedia e il dramma fino a fondersi nel modo più opportuno. Bruno sceglie di fare un film di denuncia servendosi per lo più della commedia, quella ponderata e pensata che porta alla riflessione, come aveva già fatto con la satira politica di Viva l'Italia del 2012.
Fa effetto pensare che prima di un film questa storia sia stata una piece teatrale di grande successo tra il 2005 e il 2007. Stiamo parlando di 15 anni fa, il dramma del lavoro già c'era e oggi che questo film continua a smuovere gli stomaci, è ancora così attuale. Mi piace considerarlo lo specchio di una società che ha fallito su più fronti, la maternità, la dignità umana, il diritto fondamentale su cui si basa la nostra Repubblica: il lavoro.