mercoledì 21 aprile 2021

I PREDATORI - Pietro Castellitto

 




L'esordio alla regia di Pietro Castellitto, vincitore a Venezia per la miglior sceneggiatura, ci mette davanti a un film molto maturo, nonostante la giovane età del regista ventinovenne che ha iniziato a scrivere questo film a soli 22 anni. 
É un film che lascia con interrogativi importanti, suscita domande, spiazza, quello che il cinema in effetti dovrebbe fare, per questo sembra la prova di un regista non di certo alla prima esperienza. 
La storia scritta in modo impeccabile è uno sguardo corale sulla vita di diversi personaggi, differenti per ceto sociale, stile di vita e ideali che in questo caos che è l'esistenza, si sfiorano, si scontrano o a volte si incontrano. Sono i Vismara, borghesi, ricchi annoiati e frustrati, e i Pavone, gente di borgata devoti al fascismo e alla criminalità, cui sembrano essere finiti loro malgrado per motivi "dinastici". Tra loro si colloca Pietro (lo stesso Castellitto), figlio dei Vismara, dal carattere particolare, studioso di filosofia con una ossessiva passione per Nietzsche. Pietro critica la borghesia di facciata della sua famiglia, ma mal si colloca anche verso la criminalità dei Pavone a cui cerca di avvicinarsi, finendo goffamente vittima del suo stesso tranello.



Come lo stesso Castellitto ha osservato su suoi personaggi, ognuno di loro è solo, perso in quel tratto di vita in cui nessuno sembra capirti e dove tutto vorresti andasse dall'altra parte


Il film assume toni grotteschi, di commedia e di dramma insieme. La regia propone inquadrature molto interessanti, a partire dall'inizio del film in cui la presentazione di lande desolate sospinte dal vento ci ricorda quei paesaggi di selva in cui la tigre, predatore per eccellenza, osserva la sua preda. 
É una storia in cui non ci si riesce a schierare da una parte piuttosto che dall'altra, perchè racconta i difetti dell'animo umano che appartengono a tutti i ceti sociali, la solitudine, l'incomunicabilità, e proprio quando pensi di essere arrivato a una conclusione, a una "giustizia sociale", ecco che l'attenzione si sposta ancora altrove, spiazzando lo spettatore. 
Verrebbe quasi da pensare che questi uomini che sembrano vittime del destino e della vita, alla fine siano i veri artefici dei loro difetti, delle loro grane, dei loro problemi, in un gioco vizioso di croce e delizia, la seduzione della droga, del tradimento, del crimine, del dispotismo. Il cast è straordinario, in particolare la performance di Massimo Popolizio e un insolito crepuscolare Dario Cassini. 
Per tono e per il modo in cui viene raccontata la borghesia romana, lo trovo molto vicino allo stile dei fratelli D'Innocenzo, penso al più recente Favolacce.
Un difetto: è prolisso in alcuni punti, lo spostare costantemente l'attenzione destabilizzando lo spettatore può annoiare. 


Il film di Pietro Castellitto è, dunque, un'opera prima riuscita, che ci fa ben sperare per il futuro del cinema italiano. Attenzione, non è forse un film per tutti, i non addetti ai lavori potrebbero apprezzarlo di più a una seconda visione, ma certamente un film consigliato. 

Nessun commento:

Posta un commento