L’esperienza immersiva a cui ci fa partecipare Sam Mendes con 1917 è il motivo principale che ha visto
questo film come uno dei maggiori favoriti nella corsa agli oscar, vincendone
di fatto tre proprio per quelle maestranze che hanno reso così particolare
questo film, la fotografia, il montaggio sonoro e gli effetti visivi.
Ciò che rende interessante 1917, infatti, è l’unico, lunghissimo, piano sequenza con cui la storia è stata rappresentata, riducendo di fatto al minimo, in fase di lavorazione, il numero di ciak. Nessuno stacco, nessun cambio di punto di vista. Un lavoro sicuramente faticoso e senza precedenti nel cinema, che non poteva non vedere trionfante il lavoro del direttore della fotografia Roger Deakins che, ad esempio, ha dovuto reinventare la luce ad ogni passo degli attori.
Fin da subito ci troviamo a seguire i nostri due giovani soldati britannici, Blake
e Shofield, a cui è stata affidata una missione molto importante. Nel pieno
della prima guerra mondiale si ritrovano ad attraversare le trincee nemiche per
consegnare l’ordine di annullare un imminente attacco, salvando così da morte
certa 1600 uomini, tra cui il fratello di Blake. E’ una corsa contro il tempo.
Il nostro viaggio assieme ai protagonisti prosegue come in
un videogame survival, superando in un certo senso diversi livelli, di cui
percepiamo la difficoltà crescente man mano che ci allontaniamo dalla base e ci
addentriamo nell’ignoto. E così ci
ritroviamo a cadere assieme a loro, sentirci sporchi di fango, percepire il
pericolo in agguato attorno a noi.
Forse, proprio per raggiungere questo livello di immedesimazione attraverso un’estrema
cura tecnica e formale, questo film lascia un po’ per strada il trasporto
sentimentale, l’empatia diretta con le sorti e le storie personali dei
protagonisti.
Per la prima volta sullo schermo non viene rappresentato il macrocosmo della
guerra, ma un piccolo, unico momento circoscritto a un territorio; sebbene
questo in parte ricordi, tra gli altri, un film recente come Dunkirk, la
particolarità di 1917 è che il microcosmo della guerra rappresentato appartiene
a due soli giovani protagonisti.
Un evento, quello di 1917, che in sé può sembrare insignificante, ma che in realtà ha storicamente detto molto circa le sorti delle battaglie di trincea del fronte occidentale durante la guerra. Per raccontare fedelmente questa storia, il regista ha preso spunto dai racconti del nonno paterno, Alfred Mendes.
Un evento, quello di 1917, che in sé può sembrare insignificante, ma che in realtà ha storicamente detto molto circa le sorti delle battaglie di trincea del fronte occidentale durante la guerra. Per raccontare fedelmente questa storia, il regista ha preso spunto dai racconti del nonno paterno, Alfred Mendes.
Un’opera unica nel suo genere, sicuramente un’esperienza da “provare”.
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