venerdì 8 maggio 2020

BANGLA di Phaim Bhuiyan


Esordio più che riuscito quello di Phaim Bhuiyan che ci racconta una realtà semplice e complessa allo stesso tempo, quale può essere quella multiculturale nella Roma di oggi, e lo fa in modo pulito e immediato.
Phaim regista e attore del film, ci presenta un’opera che è sentimentale e culturale insieme.


Nato e cresciuto in Italia da una famiglia Bengalese osservante della religione islamica, una volta incontrata Asia, una bella ragazza di Roma nord, Phaim (sì il protagonista ha lo stesso nome del regista/attore) si trova a fare i conti con i desideri di qualunque ragazzo della sua età, desideri  però troppo occidentali per la sua cultura e religione orientali e che gli sembrano di fatto incompatibili.


Nel racconto di Phaim colpisce come i pregiudizi e alcune “espressioni stereotipo” generalmente associate agli occidentali, vengano dette da Phaim a volte rivolgendosi proprio ad Asia. Nome quanto mai azzeccato, espressione di ciò che l’Occidente ha voluto davvero cogliere dell’Oriente, facendo esplodere una moda qual è stata a lungo in Europa quella di dare nomi di altri continenti ai nascituri.
Inoltre Asia, fa parte di quella che agli occhi di Phaim è una famiglia strana a dispetto della sua che definisce normale. Se l’obiettivo di Phaim era quello di abbattere le barriere tra musulmani e cattolici, oriente e occidente, religione e gender, Torpignattara e Roma nord, con questo film, che mescola tutte queste cose nel calderone, l’intento è riuscito. Ci fa addentrare piano e solo dalla porta di servizio, nelle tradizioni e gli obblighi islamici e con i suoi occhi così italiani ed intrisi di Europa, non riusciamo, però, a comprenderli a pieno.


É la festa delle differenze, della non omologazione, con l’accento di Phaim perfettamente romanesco in una vita che riesce a coniugare bene il digiuno e l’islam con i jeans e le sneakers e i locali alla moda.
In un film che ricorda qualcosa di Nanni Moretti e Woody Allen, si parla addirittura di Ius soli, che indigna più l’italiano da generazioni che lo stesso Phaim, il quale parlando della burocrazia italiana circa la richiesta di cittadinanza compiuti i 18 anni, la definisce addirittura una cosa semplice.
Phaim si muove agevolmente dietro  la cinepresa, con la stessa spregiudicatezza e voglia di utilizzare al massimo i mezzi a disposizione che caratterizza il suo personaggio.  Occasione assolutamente sfruttata bene dal giovane esordiente regista.  

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